- Data di pubblicazione
- 17/10/2025
- Ultima modifica
- 17/10/2025
Idee, metodo e visione: il game design a Bologna Game Farm 2025
Bologna, 15 ottobre 2025 – Come di consueto, Le Serre dei Giardini Margherita hanno ospitato l’evento di Bologna Game Farm dedicato al game design. Un’intera giornata di incontri e talk che hanno mostrato che il game design è equilibrio tra creatività e metodo.
DESTINYbit: Product Oriented Design, l’incontro tra game design e direzione artistica
Immediatamente identificabile e incredibilmente attraente: così deve essere la player fantasy che vende il gioco. Con questa frase, Gian Paolo Vernocchi sintetizza il cuore del suo intervento.
Oggi, su piattaforme come Steam, ciò che vende è la fantasia che il giocatore vuole vivere. Non l’originalità del gameplay in sé, ma l’esperienza immaginata a partire dal suo art style, titolo, prezzo e genere.
Secondo Vernocchi, game design e art direction non sono due percorsi paralleli, ma un movimento circolare in cui ciascuno influenza l’altro con lo scopo di creare l’appeal del videogioco. Ogni scelta estetica si porta dietro aspettative e “tasse da pagare”: un RTS dark suggerisce complessità e impegno mentre da un simulatore economico a basso prezzo ci si aspetta un’esperienza poco polished.
Tutto sta nella differenza tra MVP (Minimum Viable Product) e MLP (Minimum Lovable Product): il primo è un prodotto funzionale; il secondo invece è non solo funzionale ma anche capace di generare amore e coinvolgimento nel pubblico.
Come fare? Definire i pillars del gioco, non tradirli mai, e iterare continuamente chiedendosi:
- Quale player fantasy sto offrendo?
- Il mio design e la mia direzione artistica lavorano davvero insieme?
- Riesco a spiegare il mio gioco con una gif?
Perché, come ha ricordato Vernocchi, i videogiochi sono prodotti che vengono acquistati e come tali saranno giudicati.
Pietro Guardascione: Progressione e bilanciamento, 5 lezioni dall’economy design
Quanto contenuto serve a un gioco per funzionare?
È la domanda da cui è partito Pietro Guardascione, evidenziando quanto la progressione sia uno dei sistemi più complessi e sottovalutati da progettare.
Non bastano le categorie (“un gestionale”, “un roguelite”), servono benchmark precisi e studio dettagliato di esempi di videogiochi reali. Ogni scelta di design ha un costo in termini di contenuti, tempo e risorse.
Per questo Guardascione invita a simulare la progressione prima di svilupparla, anche solo in un foglio di calcolo, per rispondere in anticipo a domande come:
- Quanto dura il gioco?
- Quanto cresce il potere del giocatore?
Solo così si possono prevenire i problemi strutturali che emergono troppo tardi nello sviluppo.
Ultimo consiglio di Guardascione? Gli errori ci saranno sempre, ma se hai simulato il tuo sistema, saprai riconoscerli e affrontarli.
Demon Girl Digital: Design Modulare. Metodo e filosofia per sopravvivere a ogni scenario
Fabio Consorti ha offerto una prospettiva preziosa per chi lavora in team piccoli o indie: pensare in modo modulare.
Un design modulare permette a un gioco di adattarsi a qualsiasi sia il futuro dello sviluppo di un videogioco: espandersi, ridursi o cambiare forma senza perdere coerenza.
Armi e abilità come blocchi plug-in, nemici basati su comportamenti componibili, script piccoli e separati. Con questi i mattoni si rende un progetto resistente agli imprevisti.
Ogni modulo deve essere un ecosistema autosufficiente: vive da solo, ma funziona meglio in rete.
Questo approccio non solo semplifica il lavoro con collaboratori esterni, ma rende più facile gestire espansioni e contenuti post-lancio.
Broken Arms Games: Game Pillars e gestionali. Dall’identità alla coerenza di gioco
Per Yves Hohler, i design pillars sono la bussola che orienta ogni scelta di sviluppo.
L’esempio di Hundred Days lo dimostra: si tratta di un videogioco dello studio dove il giocatore deve mantenere un vigneto. Per raccontare il mondo del vino, il team ha dovuto studiare come il vino è percepito globalmente e scoprire che, fuori dall’Italia, il vino è legato alla Francia.
In Under Par, il recente manageriale di campi da golf dello studio, uno dei pilastri era la nostalgia: non doveva evocare SimGolf in sé, ma il ricordo che i giocatori avevano di quel gioco.
Hohler consiglia di guardare al zeitgeist, lo spirito del tempo, per trovare temi rilevanti. Guardare e studiare Netflix, Facebook, Amazon in modo da capire dove sta andando il mondo dell’intrattenimento.
Meglio pochi pillars, ma chiari, che troppi. Però lo sviluppo è una struttura che si evolve e non dogmi da seguire ossessivamente.
Mattia Pastorino: Game Mechanics. Dalla teoria al caso pratico
Mattia Pastorino ha portato l’attenzione sulla teoria MDA: Mechanics, Dynamics, Aesthetics. Poche meccaniche forti valgono più di molte meccaniche deboli.
Creare un framework modulare riutilizzabile, testare presto e spesso, e definire i pillars sin dall’inizio sono le chiavi per un game design coerente e flessibile.
La rigiocabilità nasce dall’interazione fra meccaniche e dinamiche, mentre l’estetica traduce il tutto in emozione e identità.
Alessandro Ricci: Idea VS Prototipo. Creatività, dati e metodo nel Game Design Indie
Chiude la giornata Alessandro Ricci, con una riflessione su metodo e dati nello sviluppo indie.
L’era moderna del game design, dice, è dominata dal fast prototyping grazie ai moderni engine, ma questo richiede anche rigore analitico.
Ricci incoraggia a lavorare fuori dal motore di gioco, creando e testando formule e logiche in fogli di calcolo, sfruttando un approccio di tipo data driven. Attraverso la ricerca operativa, il designer può impostare algoritmi e poi adattarli ai dati, ottimizzando percorsi, progressioni e bilanciamenti.
Automatizzare i processi e filtrare le idee diventa così parte integrante del mestiere. Il game designer non deve fare tutto, ha concluso Ricci, ma deve sapere cosa conta davvero per far funzionare il progetto.
In conclusione
Questa nuova giornata di accelerazione di Bologna Game Farm ha mostrato ancora una volta che fare videogiochi oggi significa costruire esperienze solide e desiderabili, ma anche progettate con metodo e consapevolezza del prodotto.
Che si tratti di un gestionale sul vino, di un roguelite modulare o di un indie sperimentale, il messaggio resta lo stesso: i videogiochi sono sogni, ed è giusto che lo rimangano, ma vanno anche costruiti al meglio come prodotti.